LA MORALITÀ CRISTIANA: ADESIONE E NON MISURA O SCHEMA

Di don Giuseppe Bentivoglio



Don Giuseppe Bentivoglio ha animato l'incontro di formazione dei volontari di Caritas Ticino, trasmesso dall'emissione televisiva Caritas Insieme andata in onda il 21 dicembre scorso, sul tema dell'articolo da lui pubblicato sul numero di dicembre della nostra rivista dal titolo "State buoni se potete"

Con questo articolo continuo le osservazioni da me fatte nel precedente numero della Rivista, osservazioni che riguardavano la moralità e alcuni aspetti di essa. L'intento è di aiutare per quanto possibile il lettore a inquadrare la moralità cristiana, superando ogni riduzione moralistica di essa.

A. Il primo aspetto della moralità è assumere l'atteggiamento originale nel quale il Signore ci ha plasmati; esserne in qualche modo coscienti, aderirvi e volerlo. L'atteggiamento originale, in cui l'uomo viene creato, è quello di un impeto, che ha una direzione e un termine precisi, una tensione cioè al Mistero stesso che ci crea, all'infinito di Dio, come dice S. Agostino: "Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te". L'essenza della moralità sta nel vivere ogni istante, nell'affrontare ogni progetto e ogni azione, dentro questa tensione. Una siffatta autenticità morale può attraversare il peccato, rimanendo fedele a se stessa, e giudicare lo stesso peccato, al quale l'uomo si piega per debolezza, ribellione o incoerenza. Grazie a tale giudizio è possibile continuare il cammino, ricuperando l'adesione al Mistero, cui è destinato il dinamismo naturale dell'essere. È nella continua riaffermazione di questo Mistero attraverso i detriti delle proprie mancanze e delle proprie violenze, che si costruisce un uomo sempre più aggrappato ad esso. L'uomo vero cresce nella misura in cui è energicamente affezionato alla propria Origine. Infatti, per natura egli è impeto di adesione a quella Realtà misteriosa, alla quale è strutturalmente destinato. Non è dunque una misura la moralità cristiana; è piuttosto l'adesione ad una Presenza, all'Essere, mistero personale e origine costitutiva della creatura umana.

B. È importante adesso osservare che Dio indica il cammino, lungo il quale l'impeto della creatura è chiamato ad incanalarsi, facendo emergere una oggettività. L'impeto verso Dio, cioè la moralità, non potrà mai eludere o contraddire tale oggettività. D'altra parte, abbandonato a se stesso, l'uomo difficilmente riesce a mantenersi diritto su quella soglia vertiginosa, in cui il Mistero è riconosciuto come tale. L'uomo su questa soglia viene meno, si distrae o s'addormenta o sogna il mistero: "finge" Dio a sua immagine e somiglianza, inventa e manipola i significati delle cose secondo le sue esigenze e i suoi programmi. Ma anche nella purità dei suoi riconoscimenti e della sua attesa l'uomo altrettanto inevitabilmente conosce l'umiliazione dell'incoerenza: "Me infelice: chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?", ovvero da questa situazione mortale? (Rom 7,24).

C. "Siano rese grazie a Dio: per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!" (Rom 7,25a). Chi ci libera è, dunque, Cristo. Ma l'obbedienza a Lui impone il riconoscimento del "dove" egli agisce in noi, del "dove" viene a noi data una regola di vita oggettiva. La Chiesa è questo luogo. In essa il punto di arrivo della costitutiva tensione dell'uomo, Dio, diventa oggetto di sequela, Cristo. Il disegno di Dio, al quale tutte le cose e tutti i momenti ammiccano, diventa un fatto nuovo nella storia. Anche il significato e il volto delle cose, lo scopertine/copo che dà loro consistenza, vengono definiti con nettezza: la parola di Cristo custodita dalla Chiesa contesta i sogni umani, che illudono con certezze e promesse fallaci. La parola di Dio corregge la deviazione interpretativa che l'impazienza, l'amor proprio, la sete di potere, sempre tendono a determinare. La luce, con cui la parola di Dio introduce nel significato delle cose, permette di sostenere e valutare l'impeto umano al suo destino. Così l'uomo sa come agire: il suo lavoro acquista una lucidità, ce valorizza le cose e rende più intenso l'uso del tempo stesse. Un dono grande coinvolge tutta la libertà dell'uomo, il suo pensiero, la sua immaginazione, i suoi progetti. La Chiesa è il luogo di questo dono di chiarezza, di sicurezza e di "rendimento" del rapporto tra l'uomo, le cose e il tempo.

D. Fuori di essa, ne abbia coscienza o no, l'uomo vaga nel tentativo di stringere tra le proprie mani il significato autentico delle cose e quindi di definire il loro obiettivo finale. È difficile, perciò, fuori di essa evitare lo scetticismo e il relativismo, che si annidano dentro questa ricerca. È anche da osservare come l'atteggiamento relativista non possa eludere la legge per cui ogni costruzione ha possibilità di una certa consistenza solo svolgendosi sopra una sicurezza, altrimenti è un castello edificato sulla sabbia il cui crollo incombe minaccioso sull'uomo stesso, che tenta di mettere pietra su pietra. Perciò il relativista nella pratica del vivere e nella urgenza dei suoi progetti assolutezza contraddittoriamente il punto di vista che gli è interessante e nei rapporti con gli altri tende ad imporlo. Così la strumentalizzazione abnorme degli altri e delle cose è una violenza derivata da una volontà di potere, che nel successo cerca sicurezza e consistenza. È nella santità della Chiesa che questo gioco complesso viene continuamente snidato, combattuto e superato.

E. Occorre riprendere un punto. La certezza che il tempo è creativo di un ordine, e quindi ultimamente favorevole, non è fondata su una propria analisi, e perciò su una energica volontà, capace di forzare la realtà entro le proprie prospettive. Quella certezza è fondata su una Presenza. Ed è questa Presenza che rende sicuro l'esito del tempo. Essa, però, non è un avvenimento estraneo alla ricerca del pensiero e alla fatica della libertà. Come un figlio accanto al padre, come il discepolo di fronte al maestro vero, come un amico vicino all'amico più grande, l'uomo vede dal di dentro del suo rapporto con essa e opera con una energia continuamente data da questo rapporto. L'oggetto primo dell'attenzione resta comunque questa Presenza: non il "dovere" da compiere. È come se la fonte prima, cui attingere l'energia necessaria, sia sempre questa Presenza, non la propria forza etica. La chiarezza del giudizio morale e la forza della volontà maturano come una conseguenza. Infatti, nel rapporto con la Presenza del Signore la totalità della persona è attratta ed è suscitata al bene. La moralità nella Chiesa è innanzitutto il riconoscimento di Cristo e della sua Presenza, ed è lo "stare" con essa. Vivere la memoria: questa è la moralità cristiana.

F.
La memoria è sempre ancorata al segno. E la familiarità con esso permette di conformare la propria immagine alla Realtà misteriosa, nascosta sì, ma resa palese nei suoi tratti esistenzialmente più significativi ed operativi dalla oggettiva struttura del segno. Per l'uomo pellegrino in questo mondo il segno è l'Eucarestia. Ed è l'essenziale rapporto della vita cristiana con questo sacramento a investire questa vita di eticità e a motivare adeguatamente l'impegno morale (cfr. 1 Cor 10, 14-22). Ma il segno eucaristico si dilata ed esplicita in un segno più grande, la Chiesa, segno adeguato della presenza "di Colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ef 1, 23). Questo "corpo, ben compaginato e connesso", che "mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ciascun membro, riceve forza in modo da edificare se stesso nella carità" (Ef 4, 16), è dunque luogo donde scaturisce e si alimenta la moralità ("Edifica se stesso nella carità"). Destare nella persona l'autocoscienza di essere una realtà, che appartiene totalmente all'unità dei fratelli operata dal Battesimo (cfr. Gal 3, 26-29) e custodita e sviluppata dall'autorità (cfr. Ef 2, 19-21), e stimolarne l'espressività in funzione della comunione ecclesiale, è la radice d'una pedagogia alla moralità cristiana. L'immanenza di sé al mistero comunionale fa penetrare, come per una pressione osmotica, l'essere personale di una misura e di una sensibilità nuove, diverse. A questa immanenza si riconduce tutta la densità di una vita morale cristiana.